martedì 23 dicembre 2014
Facundo Costa, operazione capolavoro. Ma non rompete il giocattolo
La società rossoblù in gran segreto si è aggiudicata le prestazioni di Facundo Tino Costa, centrocampista argentino di 28 anni, in forza alla Spartak Mosca. Molto interessante la formula con cui arriverà: prestito fino al giugno del 2016 e diritto di riscatto. Il club del presidente Preziosi pagherà solo una parte del suo stipendio (circa 700.000 euro) il resto continuerà ad essere a carico della società russa.
Un capolavoro quello messo a segno da Omar Milanetto che in un mese ha iniziato e chiuso la trattativa. Tutto è nato appena il dirigente del Grifone ha saputo della voglia del ragazzo di cambiare aria, a quel punto sono iniziati i contatti e in poco tempo è arrivata la fumata bianca.
A convincere ulteriormente la società è stata la volontà del ragazzo che sin dall’inizio si è detto entusiasta della possibilità. Facundo è rimasto impressionato anche dalla squadra che ha visto all’opera seguendola in televisione contro il Milan e la Roma. Proprio mentre vedeva la gara contro i giallorossi ha chiamato i dirigenti rossoblù: «Non vedo l’ora di iniziare».
Un giocatore di respiro internazionale che potrà garantire alla squadra un altro salto di qualità e che finalmente risolverà il problema delle punizioni e di tiri dalla bandierina. Sarà insomma quel regista che Gasperini ha sempre cercato da quando un certo Milanetto ha lasciato il Grifone.
Insomma un colpo davvero importante quello chiuso dalla dirigenza rosso
blù ancora una volta capace di fare le cose in maniera quasi chirurgica. In meno di un mese è stata capace di avvistare la preda, circondarla e poi metterla nel sacco. Complimenti.
Ora però la società dovrà essere brava a non toccare troppo lo splendido giocattolo che è riuscita a costruire limitandosi a qualche operazione, se necessaria. Perin e Perotti sono incedibili e questo è già un motivo per dormire sonni tranquilli. Per favore presidente: non rovini tutto. Questo Genoa può ancora divertire molto.
mercoledì 17 dicembre 2014
Chi tocca Roma...muore
La società rossoblù fino a domenica scorsa era l'unica in Italia a non aver pagato ancora una multa per le intemperanza dei suoi tifosi. Diego Perotti, dalla ricerca che ho appena fatto e che può essere anche minimamente sbagliata, in carriera ha collezionato solo un'espulsione per doppia ammonizione quando ancora era ragazzino. Basterebbero questi due dati per far capire che domenica è successo qualcosa di straordinario, di eccezionale. Troppe cose strane, troppe cose che ancora oggi non quadrano.
Di sicuro l'arbitro Banti con il Genoa non è "fortunato". Ero allo stadio Olimpico nel 2008 quando il Genoa di Thiago Motta stava pareggiando 2 -2 dopo essere stato sotto di due reti. All'improvviso successe una cosa che non potrò mai dimenticare e che per fortuna così evidente non ho più visto. Il campo diventò in salita e ogni volta che i rossoblù provavano ad imbastire un'azione venivano sistematicamente rimbalzati all'indietro dai fischi dell'arbitro che fece di tutto per agevolare i padroni di casa. Ancora oggi mi vengono in brividi a ripensarci. Per la cronaca poi Borriello procurò un rigore e la Roma vinse 3-2. Sempre per la cronaca Banti, si proprio Banti, cacciò dal campo Gasperini per proteste. Proprio come domenica scorsa.
Troppe tre giornate a Perotti. Troppe perché il calcio c'è stato ma non così violento da meritare un trattamento del genere. E poi perché i tre arbitri che seguivano l'azione non hanno visto nulla?
Nessuna prova tv invece per Ljiac che ha simulato clamorosamente durante l’azione che ha portato al gol della Roma. In quel caso o c’era fallo, o c’era l’ammonizione per il giocatore oppure Banti non ha visto nulla e poteva farsi “aiutare” dalla tv.
Ma l'arbitro non ha visto neppure la manata di Yanga, quella che fatto arrabbiare molto Perotti al punto da meritare l'ammonizione per proteste. Decisione invertita: il giallo sarebbe dovuto andare al giallorosso che essendo già ammonito avrebbe dovuto lasciare il campo. Roma in dieci, Perotti non nervoso e alla fine non sarebbe accaduto nulla. Ma oggi è inutile fare la lista degli "orrori", ormai sono già stati vivisezionati abbastanza. Meglio andare oltre e guardare al domani sperando che tutto questo casino non abbia ripercussioni sulla straordinaria stagione che sta disputando la squadra.
Fa poi sorridere, per non usare altri termini, sentire tutto quello che arriva in questi giorni da Roma. Soloni del calcio, commentatori, opionisti: tutti a difendere la squadra della Capitale con argomentazioni al limite dell'assurdo, tutti ad attaccare il Genoa e il suo presidente. La frase pronunciata a caldo dopo la partita ha lasciato aperta qualche interpretazione inutile girarci attorno, ma ad alcuni non sembrava vero poter tirare fuori per l'ennesima volta la famosa "valigetta". Il Genoa ha pagato, Preziosi ha pagato ma ora basta. Ognuno guardi in casa propria. Che è meglio.
lunedì 8 dicembre 2014
Un Genoa così bello che commuove
Dopo la splendida vittoria sul Milan sul "Corriere Mercantile" ho scritto questo pezzo.
Ci sono sensazioni che non si possono raccontarle, bisogna viverle. Come quella, ad esempio, di battere la Juventus all’ultimo respiro o quella di andare fuori casa e dettare legge come una “grande”. O come quella di battere il Milan per poi guardare per ore la classifica chiedendosi se è davvero quella giusta. Essere tifosi del Genoa ora ripaga di anni bui, di tanta sofferenza che è comunque servita a rafforzare un popolo che le ha viste tutte e che non ha più timore di niente. Facebook è ormai una grande piazza che per certi versi ha soppiantato il vecchio bar dove si restava delle ore a discutere della patrtita appena finita. Proprio sul social ieri Matteo ha scritto qualcosa che ha fatto venire i brividi a molti suoi compagni di tifo che si sono rivisti in questa immagine.
«Non mi è mai facile alzare gli occhi verso i distinti, verso quel "tuo" posto da qualche anno vuoto e da dove, rivolto verso la Nord, mi salutavi sempre prima e dopo ogni partita. Era il nostro rito. In A, in B, come in C. Non lo faccio mai, non lo faccio più. Non ci riesco. Oggi a fine partita l’ho fatto. Ed è come se ti avessi visto, con un sorriso grande e con quel tuo gesto elegante con la mano come dire " Ragazzi che Genoa, te l’avevo detto che avremmo vinto...!».
Gian Piero Gasperini, uno che il Grifone lo ha ormai tatuato sulla pelle, ieri ha festeggiato la sua vittoria numero cento sulla panchina rossoblù. Un bel traguardo che il destino ha voluto arrivasse proprio dopo una gara con il Milan e in occasione di un terzo posto in solitaria. Così il mister, uno che quando urla e si arrabbia si sente eccome, ieri si è commosso al punto da avere gli occhi lucidi anche in conferenza. «Dedico il momento a tutta la gente, ai giocatori e alla società. Tutti uniti possiamo fare grandi cose, l’importante è che le persone vedendoci si divertano».
Anche Diego Perotti si è commosso quando tutto lo stadio ha urlato il suo nome proclamandolo idolo indiscusso. Non male per uno che che nella passata stagione era triste e abbacchiato a Siviglia al punto da chiedere di tornare in Argentina per ritrovare il sorriso. Ma neppure l’esperienza nel Boca ha cambiato il suo stato d’animo. C’è voluto il Genoa per farlo tornare felice.
Ma ieri giornate di lacrime anche per Dustin Antonelli. Suo figlio ha segnato il terzo gol consecutivo e lo ha fatto proprio contro il Milan dove ha giocato per cinque stagioni. «Anche Luca ha giocato un passato rossonero, ma ora siamo tutti genoani. Che gioia, così è davvero bellissimo». Emozioni, lacrime, sorrisi. Bentornato Genoa.
Ci sono sensazioni che non si possono raccontarle, bisogna viverle. Come quella, ad esempio, di battere la Juventus all’ultimo respiro o quella di andare fuori casa e dettare legge come una “grande”. O come quella di battere il Milan per poi guardare per ore la classifica chiedendosi se è davvero quella giusta. Essere tifosi del Genoa ora ripaga di anni bui, di tanta sofferenza che è comunque servita a rafforzare un popolo che le ha viste tutte e che non ha più timore di niente. Facebook è ormai una grande piazza che per certi versi ha soppiantato il vecchio bar dove si restava delle ore a discutere della patrtita appena finita. Proprio sul social ieri Matteo ha scritto qualcosa che ha fatto venire i brividi a molti suoi compagni di tifo che si sono rivisti in questa immagine.
«Non mi è mai facile alzare gli occhi verso i distinti, verso quel "tuo" posto da qualche anno vuoto e da dove, rivolto verso la Nord, mi salutavi sempre prima e dopo ogni partita. Era il nostro rito. In A, in B, come in C. Non lo faccio mai, non lo faccio più. Non ci riesco. Oggi a fine partita l’ho fatto. Ed è come se ti avessi visto, con un sorriso grande e con quel tuo gesto elegante con la mano come dire " Ragazzi che Genoa, te l’avevo detto che avremmo vinto...!».
Gian Piero Gasperini, uno che il Grifone lo ha ormai tatuato sulla pelle, ieri ha festeggiato la sua vittoria numero cento sulla panchina rossoblù. Un bel traguardo che il destino ha voluto arrivasse proprio dopo una gara con il Milan e in occasione di un terzo posto in solitaria. Così il mister, uno che quando urla e si arrabbia si sente eccome, ieri si è commosso al punto da avere gli occhi lucidi anche in conferenza. «Dedico il momento a tutta la gente, ai giocatori e alla società. Tutti uniti possiamo fare grandi cose, l’importante è che le persone vedendoci si divertano».
Anche Diego Perotti si è commosso quando tutto lo stadio ha urlato il suo nome proclamandolo idolo indiscusso. Non male per uno che che nella passata stagione era triste e abbacchiato a Siviglia al punto da chiedere di tornare in Argentina per ritrovare il sorriso. Ma neppure l’esperienza nel Boca ha cambiato il suo stato d’animo. C’è voluto il Genoa per farlo tornare felice.
Ma ieri giornate di lacrime anche per Dustin Antonelli. Suo figlio ha segnato il terzo gol consecutivo e lo ha fatto proprio contro il Milan dove ha giocato per cinque stagioni. «Anche Luca ha giocato un passato rossonero, ma ora siamo tutti genoani. Che gioia, così è davvero bellissimo». Emozioni, lacrime, sorrisi. Bentornato Genoa.
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