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giovedì 29 maggio 2014

Il libro su Gasperini

Un successo inaspettato e per questo ancora più bello. Mi sono arrivati ora gli ultimi dati sulle vendite di "Semplicemente Gasperson" il libro che ho scritto insieme all'allenatore del Genoa Gian Piero Gasperini e devo dire che sono rimasto a bocca aperta. Sapevo che erano andate via molte copie ma non immaginavo così tante. Da qualche giorno è possibile acquistarlo anche in versione e book tramite tutte le librerie virtuali come Mondadori, Feltrinelli, Amazon, Ibs, Libreria Universitaria, Libreria dello Sport, Unilibro e Deastor solo per citarne qualcuna. Grazie a tutti quelli che lo hanno acquistato o magari lo fanno in futuro.

giovedì 22 maggio 2014

Contrario al ritiro della 7

Nei giorni scorsi la società ha accettato la richiesta della Tifoseria Organizzata che chiedeva il ritiro della maglia numero 7 appartenuta per tanti anni a Marco Rossi. Ero e resto fermamente contrario. Non ho mai apprezzato questa usanza tipicamente italiana invece più frequente in quegli sport, come il basket, il volley o l'hockey caratterizzati da numeri personalizzati per ogni singolo giocatore. Sui parquet americani non si vedranno più la maglia n. 23 di Michael Jordan(ritirata dai Chicago Bulls), la n. 32 di Magic Johnson (Los Angeles Lakers), la n. 33 di Larry Bird (Boston Celtics), mentre sul ghiaccio della NHL non si vedra' piu' la mitica maglia n. 99 dell'immenso Wayne Gretzky e la n. 66 di Mario Lemieux (Pittsburgh Penguins).
Sono contrario anche a togliere la 12, quella dedicata all'uomo in più : il pubblico. Ormai lo hanno fatto tanti club, anche il Parma...
Ma sono soprattutto contro a levare i numeri dei grandi giocatori. Anche il 10 di Platinì nel 87-88 venne dato a Magrin: ma non credo che Platinì si sia mai offeso... I tifosi juventini hanno dovuto attendere Baggio per vedere un nuovo grande 10, ma pazienza.. Una curiosità: il club piemontese non ha mai sposato questa moda eppure qualche motivo lo avrebbe avuto a partire proprio dalla 10 che difficilmente potra' essere indossata da giocatori sui livelli di Sivori o Platini, per tacer di Roberto Baggio e Del Piero.
Veniamo al nostro caso. Quanti bambini, guardandolo saltare un avversario via l’altro, o esaltandosi per un suo recupero difensivo, non hanno sognato (o stanno sognando) di diventare un giorno come Marco Rossi o magari un mito come Gigi Meroni con tanto di 7 sulle spalle? 
La risposta a questa domanda sta 1200 km a nord di Genova, e precisamente a Manchester. Dove negli ultimi 40 anni lo United ha costruito un bel pezzo della sua leggenda proprio grazie a un numero di maglia: quel 7 passato da George Best a Eric Cantona, David Beckham e Cristiano Ronaldo. Quattro calciatori la cui storia avrebbe potuto tranquillamente, ogni volta, legittimare il ritiro della maglia. Così non è stato. Perché, prima o poi, spunterà un altro 7 a perpetuare la leggenda. Sarebbe un peccato se ad accoglierlo non ci fosse la maglia col numero giusto.

mercoledì 14 maggio 2014

Un applauso alla società

Un applauso alla società. Che lo merita. Sono il primo ad essere critico quando sbaglia,ma questa volta ha fatto davvero qualcosa di grande. Portare quasi mille bambini delle scuole di Genova e Provincia al Signorini in mezzo ai giocatori è a mio avviso qualcosa di fantastico. Complimenti all'Acg quindi che ha portato avanti l'iniziativa per tanti mesi e quindi alla dirigenza che ha permesso la grande festa di oggi. Continuo a ripetere che sia il caso di continuare a puntare sui giovani con forza e determinazione con iniziative come queste e con abbonamenti a cinquanta euro per gli Under 18. Sarebbe bello anche che la squadra durante la stagione andasse in giro per le due Riviere anche per rinfocolare l'entusiasmo di chi tifa lontano da Genova.

martedì 6 maggio 2014

Scusate, ma io sto con Genny

Premessa: sono assolutamente contrario ad ogni tipo di violenza e quindi ovviamente anche quella nel calcio. Sono contrario agli ultra' che vogliono gestire le società, comandarle e influenzarle come succede in molti club italiani ormai sotto ricatto. Non sopporto neppure quei tifosi che minacciano i giocatori, che li umiliano, che li costringono a fare delle cose per interessi perdonali. Mi piace da impazzire invece il movimento ultra in generale, le sue logiche, i suoi rituali, e quel senso di appartenza che a volte porta quei ragazzi a fare anche gesti straordinari. Assisto incredulo al teatrino di questi giorni. I fatti accaduti sabato a Roma mi hanno provocato e mi provocano ancora oggi un grande senso di disgusto. Ma le polemiche, i finti moralisti, i soliti politici e tutti quelli che di calcio proprio non ne sanno nulla ma che pontificano mi danno un fastidio incredibile.
Tanti sono i luoghi comuni che non sopporto. Il primo è legato alla frase che tutti ripetono come un mantra: "lo Stato non deve trattare con i delinquenti" dimenticando che proprio dentro lo Stato ci sono persone che applaudono per cinque minuti gli assassini di un ragazzo di 18 anni.. Sono fermamente convinto, magari mi sbaglierò, che non ci sia stata alcuna trattativa ma che Genny in quel momento fosse l'unica persona in grado di garantire l'ordine pubblico nello stadio. E' stato lui in qualche modo a fare sì che dentro l'Olimpico non accadesse nulla, fermare la rabbia di 30mila persone non è cosa facile, forse qualcuno lo dimentica o lo vuole dimenticare. E' sempre successo così e non solo in Italia, non c'è nulla per cui scandalizzarsi. 
Oggi Genny (sarà anche figlio di un camorrista ma se era dentro lo stadio significa che poteva starci) è stato colpito dal Daspo, tradotto: per cinque anni non potrà andare allo stadio. Ovviamente una decisione "politica", per lo spettacolo diciamo. La sua colpa? Aver scavalcato le recinzioni e aver indossato una maglietta con la scritta "Speziale libero". Subito dopo la morte dell'ispettore di Polizia Raciti a Catania, si è sparsa una verità alternativa: il poliziotto sarebbe stato ferito mortalmente da fuoco amico e l'ultrà sarebbe quindi stato incastrato per evitare a qualche agente di finire nei guai. Sicuramente solo una follia, ma di sicuro pensare che un condannato possa essere innocente non può essere ritenuto un reato.
Non voglio difendere i violenti, non voglio che passi questo messaggio, ma obiettivamente quello che sto sentendo davvero non mi va giù. Non mi piace sentire frasi fatte dette da chi neppure ha la minima idea del mondo calcio e soprattutto del mondo ultrà. Conosco una persona che era allo stadio in quel famoso Genoa - Siena e che, non avendo fatto davvero nulla, ogni domenica si ritrova costretta a restare lontana dalla sua squadra del cuore. Beh la storia mi ha colpito molto. Perché ancora una volta in questa Italia ci sono due pesi e due misure. A Roma invece tutto può accadere che il peso rimane lo stesso.

domenica 4 maggio 2014

La retromarcia di Preziosi

Ammette di conoscere Masnata. Ammette che il Genoa è in difficoltà economica. Ammette persino che Rosati un anno fa è stato ad un passo dal rilevare un certo numero di quote del club. Nelle ultime dichiarazioni concesse dal presidente del Genoa Enrico Preziosi c’è la conferma di tutte le notizie che il “Corriere Mercantile” pubblica da mesi e che lo stesso dirigente ha invece sempre smentito con eccessiva e a volte spropositata foga. 
La società più antica d’Italia sta attraversando da tempo un periodo molto difficile con una situazione debitoria a dir poco allarmante anche se questa per molti era solo una fantasia di qualcuno che voleva il male del Genoa. 
«Nonostante il momento difficile - sono parole di Preziosi - sto lavorando, con i miei dirigenti, per mettere in sicurezza la società e raggiungere quell’equilibrio finanziario necessario per affrontare il futuro». Di sicuro non fa pensare a nulla di buono un presidente che ammette: «Avevo una barca, un elicottero e una ereo e non li ho più. Ho messo anche la casa in garanzia».
Per provare a salvare il Genoa il presidente sta provando a seguire alcune strade. La prima è il taglio dei costi e quindi l’abbassamento del monte ingaggi e il risparmio sui cartellini dei giocatori con il conseguente e inevitabile calo del valore della rosa. La seconda è la ricerca di qualche socio in grado di dargli una mano e di garantire la continuità aziendale. Per questo motivo dall’inizio dell’anno è in continuo contatto con Gianluca Masnata, l’imprenditore genovese che opera a Lugano con il quale ha trattato seriamente il suo ingresso in società. Masnata non avrebbe la forza per fare tutto da solo ma si muovererebbe con un alcuni amici sicuramente più potenti e vogliosi di entrare nel mondo del calcio. Un mese e mezzo fa l’affare sembrava davvero ormai concluso, poi c’è stato un rallentamento ma al momento è ancora in piedi. Le ultime indiscrezioni darebbero il gruppo intenzionato a fare un piccolo passo entrando come sponsor principale.
«Masnata è un amico e un tifoso genoano - conferma Preziosi - ci conosciamo bene perché vive a Lugano. Ci vedremo anche la settimana prossima ma non è certo lui la persona che può fare grandi investimento nel Genoa».
L’ultima considerazione è per Antonio Rosati che praticamente un anno fa si apprestava ad entrare nel Genoa come azionista. In quel periodo il nostro giornale riportò la notizia puntualmente smentita da Preziosi: «Non c’e’ niente di serio, non c’e’ nessuno scambio o acquisto di azioni, c’e’ solo un rafforzamento del nostro organico». Di ieri invece la nuova versione: «Quello che avevamo in mente, e cioè che rilevasse delle quote, non si è realizzato. Tra di noi c’è grande rispetto, vedremo cosa fare a fine stagione».