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giovedì 19 febbraio 2015

Derby: biglietti troppo cari. Sampdoria perché?



Dal palco di Sanremo il presidente della Sampdoria Massimo Ferrero ha urlato il suo desiderio: «Voglio riportare la gente allo stadio». Missione nobile e assolutamente condivisibile in un momento storico davvero delicato per la nostra economia e per il calcio in generale con gli spalti sempre più desolatamente vuoti.
Ma le belle parole di Ferrero stonano con la politica dei prezzi adottata per la stracittadina di sabato sera. La società blucerchiata ha infatti deciso di alzare alle stelle i costi dei biglietti al punto che per vedere la partita dai Distinti servono la bellezza di 60 euro, contro i 40 chiesti dal Genoa nel girone di andata.
Ma c’è un’altra cosa che ha fatto arrabbiare molto i tifosi di entrambe le squadre. La Sampdoria non ha previsto riduzioni per i ragazzi e così un genitore che vuole andare allo stadio insieme al bambino di sette anni deve pagare due biglietti a prezzo pieno. Nella fida dell’andata invece erano previsti sconti per chi aveva tra gli 8 e i 18 anni.
Insomma davvero non si capisce perché si sia operato in questo modo e cosa abbia spinto la società di Corte Lambruschini a penalizzare gli sportivi genovesi.
I numeri dimostrano che non solo non si arriverà al tutto esaurito ma che difficilmente si toccherà quota trentamila nonostante le due squadre volino in classifica. Il Genoa tra Nord e Settore 5 ha venduto circa 9.000 tagliandi, mentre la Sampdoria può fare conto suoi suoi abbonati. Al momento restano a disposizione Distinti, Tribune e le due “gabbie”.
La crisi generale, la mancanza di certezze per quanto riguarda gli orari e le date degli incontri hanno portato la scorsa estate ad un calo generalizzato degli abbonamenti, problema che riguarda tutto il nostro Paese.
Il pubblico rossoblù può vantare su uno zoccolo duro di circa 16-17.000 spettatori oltre a quelli che di volta in volta andranno ai botteghini per comprare il biglietto. Stesso discorso per la Sampdoria che ha fatto ben 18.600 tessere. Numeri considerevoli soprattutto se rapportato a cosa succede nelle altre città.
Secondo quanto raccolto da dati statistici della Lega Calcio, la media italiana in serie A di spettatori presenti alle partite è poco inferiore a 23.000 presenze. Tale dato non solo è inferiore rispetto alle stagioni precedenti, ma è inferiore anche alla "Prima serie" delle altre nazioni: 30 mila in Spagna, 35 mila in Inghilterra e 42 mila in Germania.
Il problema non è tanto dovuto all’impianto sportivo, ma anche ad altri fattori. In Inghilterra vedere una partita dell’Arsenal in un posto "di prestigio", costa circa 60-70 euro, mentre a San Siro, ad esempio, almeno 80-90 euro. Inoltre in Italia sono elevati anche i costi di trasporto. Chi viene da fuori città, magari percorrendo 150-200 chilometri tra andata e ritorno, deve mettere in conto almeno altri 30-35 euro tra carburante, autostrada, parcheggio auto, eventuale panino e bibita, che vanno ad aggiungersi al costo del biglietto.
A questi fattori va sommata la possibilità di potersi vedere tutte le gare comodamente davanti alla televisione o addirittura in seggiovia con un semplicissimo tablet. All’estero le tv fanno vedere molte gare ma non tutte come da noi.
Come detto Genova resta un’isola felice e il Ferraris riesce sempre ad offrire un buon colpo d’occhio ma è arrivato il momento che anche le due società in qualche modo si rendano conto della situazione. I tifosi di Genoa e Samp sono tra i più appassionati e se iniziano a “mollare“ anche loro significa che il campanello d’allarme è già suonato da parecchio.
Abbassare i prezzi delle gare e levare del tutto il muro che si è costruito negli anni tra le squadre e la gente potrebbero essere due mosse utili per invertire la tendenza. Perché in una città “morta“ come la nostra il calcio rappresenta ancora tutto. O quasi.

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