
Jurgen Klopp è forse l'uomo copertina di questo Borussia Dortmund. E non solo a livello mediatico. Il 45enne ex allenatore del Mainz, diventato famoso per la simpatia e per la “venerazione” che hanno per lui i tifosi del BVB, ha costruito in quattro anni una macchina quasi perfetta. Una squadra con un'identità precisa di uomini e di gioco. Il calcio di Klopp è l'antitesi del Barcellona di Guardiola e Vilanova: ritmo altissimo, pochi tocchi e tanto gioco verticale.
La gente impazzisce di gioia nel vedere la squadra correre, giocare di prima e sempre a ritmi altissimi. Il suo Borussia è una macchina perfetta, con meccanismi oliati che non si inceppano nemmeno cambiando i pezzi che la compongono. Una squadra in cui il gioco è al tempo stesso punto di partenza e punto d’arrivo. Uno spettacolo in cui la rappresentazione viene prima dei suoi interpreti.
Nel Borussia sono i giocatori ad essere esaltati dal gioco e non viceversa: i vari Hummels, Gundogan, Goetze, Reus o Lewandowski sono semplicemente le
pedine giuste nel posto giusto, attori che recitano perfettamente un copione scritto in maniera magnifica.La dimostrazione sta nel fatto che più volte il Borussia ha cambiato gli interpreti negli ultimi tre anni, vendendo le punte di diamante della squadra e riuscendo, ogni volta, a sopperire alle cessioni facendo addirittura meglio del passato. Dopo il periodo d'oro degli anni Novanta, nel 2006 la squadra era sull'orlo del fallimento con 140 milioni di debiti. I gialloneri, che nel 2002 avevano venduto il Westfalenstadion (riacquistato dopo 4 anni grazie alla sponsorizzazione del colosso assicurativo Signal Iduna), hanno reimpostato la loro politica societaria. Nel 2012 il bilancio ride. Debito quasi estinto, fatturato di 215 milioni di euro e Westfalenstadion strapieno (la media spettatori è stata l'anno scorso di 80.522).
Dortmund è una città con meno di 600.000 abitanti che come tutta la Germania ha superato la grave crisi e ora viaggia ritmi straordinari. La gente tedesca per le strade non è "incazzata" come quella italiana e allo stadio è sempre festa. Un sogno. Che è giusto inseguire.
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